SCHEDA N. 21 – “GLI INCONTRI COMUNITARI e la revisione”


Dalla Sacra Scrittura

Col 3,16-17: “La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza. Con ogni sapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda con salmi, inni e canti ispirati, con gratitudine…”.


I consacrati promettono: ... 4) di partecipare all'incontro settimanale nel gruppo di fraternità (o sostituirlo con un momento di preghiera personale); 5) di vivere la vita fraterna della Comunità, partecipando ai ritiri e alle assemblee di Cenacolo e, per quanto possibile, a quelli generali, indicati dalla Presidenza; 6) di accogliere il proposito di un cammino continuo in Comunità, per la crescita della carità verso Dio e verso il prossimo, e pertanto di verificare periodicamente con l’incaricato i propri impegni di consacrati (2.2.1).
Dallo Statuto


Proposta di approfondimento

La Comunità è una famiglia spirituale convocata nel Nome del Signore.

Nell’amare coloro che ci sono vicini nella Comunità, noi amiamo tutti gli uomini; noi amiamo la Chiesa nella misura che viviamo per la Comunità nella quale Dio ci ha posti. Per la nostra consacrazione non facciamo più parte soltanto della parrocchia e  della  diocesi,  ma  di  una famiglia spirituale in cui si cerca di realizzare il comando nuovo di Cristo: l’amore vicendevole. Siamo nelle nostre famiglie e nelle varie attività del mondo, però la Comunità si adopera per unirci, attraverso gli  incontri,  nella vita  comunitaria  che è necessaria  perché vi sia comunità. Per questo i nostri incontri sono di grande importanza, non solo per le meditazioni, le relazioni che si ascoltano, ma anche perché lo stare insieme ha una grandissima efficacia per la vita spirituale. I bei discorsi che ascoltiamo o che diciamo diventano veri  se  li  viviamo traducendoli nella semplice ed umile vita quotidiana e comunitaria.

La Comunità, sull’esempio e con la protezione di Maria, attraverso gli incontri ci assiste, ci offre la possibilità di superare gli egoismi, gli individualismi, le gelosie, con le quali ci opponiamo all’amore che è umiltà, pazienza, semplicità, mortificazione. Gesù,  nella  Sacra  Scrittura,  ci insegna a muoverci nelle scelte e indica a tutti come difenderci e di conseguenza come attaccare e ricacciare il maligno con tutte   le   sue   prove   e   le   sue   seduzioni.   Si   legge   nelle   lettere   del   santo vescovo Ignazio di Antiochia: "Preoccupatevi … di riunirvi più frequentemente per l’eucaristia di Dio e per la Sua gloria. Quando infatti frequentemente vi riunite insieme sono annientate le potenze di Satana ed è distrutta la sua opera di rovina nella concordia della vostra fede. Nulla è migliore della pace, in cui viene annullata ogni guerra delle creature celesti e terrestri…".

Gli incontri proposti dalla Comunità si distinguono secondo due dimensioni. Il ritiro di Comunità, il ritiro di Cenacolo/Delegazione e gli esercizi spirituali hanno  un contenuto ascetico e mistico, perciò richiedono silenzio e raccoglimento: è la dimensione verticale della vita cristiana nella quale ci incontriamo con Dio, lo conosciamo e ci lasciamo formare da Lui. L’incontro del gruppo di fraternità, l’assemblea, la convivenza, il pellegrinaggio realizzano la dimensione orizzontale della nostra vita religiosa, quella che ci porta verso i nostri fratelli.

L’incontro del gruppo di fraternità settimanale è obbligatorio perché è ritenuto primario per la vita e la crescita di tutti i consacrati. In esso si esprime la continuità di un cammino: ha lo scopo di alimentare e ravvivare la nostra fede, speranza e carità, inoltre di favorire, incoraggiare il rapporto fraterno che nasce dal pregare insieme, dal vivere la medesima spiritualità, dal meditare e riflettere su argomenti comuni, dallo scambio reciproco di gioie e di sofferenze.

Si è convocati settimanalmente nelle case dove si svolge la vita delle famiglie, come in un Cenacolo; è importante mantenere questa modalità per il bene di tutti, anche dei figli che vedono la preghiera ed hanno il senso della Chiesa. Basta la Liturgia delle ore per esprimere la preghiera di tutta la Chiesa in  una casa! Inoltre le case in cui la  Comunità si riunisce devono essere case aperte alla testimonianza: si tratta di leggere il Vangelo con la porta aperta, e questa è già missionarietà. Chi vuole può entrare. Da ogni casa poi la testimonianza si estende verso chiunque chiede conto della speranza che è in noi. Attraverso di noi altri  possono essere  chiamati  dal Signore in fraternità: in questo modo si dice anche che la via normale dell’apostolato è l’amicizia. Con questa si apre il cuore a un fratello, mostrandogli Chi è presente in te, mostrandogli  la ricchezza della chiamata che si è ricevuta e che è per tanti altri, invocando il Signore che salva, che santifica. Attraverso l’amicizia (spirituale) i santi sanno suscitare altri santi.

Si è spesso constatato come questo momento settimanale sia potenziato dagli incontri mensili. È necessario precisare che ogni momento (ritiro, convivenza, esercizi spirituali, assemblea...) è sostanzialmente diverso, ognuno con il suo valore, con caratteristiche proprie e si può dire che sono insostituibili l’uno con l'altro (v. Not. n. 56 pagg. 23-24).

Importante è muoverci per  il  Signore,  aiutarci  per  Lui  e  non  perderlo  mai  di  vista perché rimane vera la preghiera che ripeteva santa Teresina: "Attirami, Signore Gesù, e noi correremo". Si vuole vivere la comunione grande nella Chiesa, anche con i figli invisibili di Dio, con i santi, con i  nostri  defunti,  che  ricordiamo  in  ogni  Eucaristia,  ma  particolarmente  con  i fratelli con cui il Signore  personalmente  ci  ha  chiamati  e  ci  chiama  per  seguirlo  più  da vicino. Siamo "del Signore" e lo siamo "insieme",  per  essere un  dono  di  Dio l’uno per  l'altro e, quindi come Comunità, tempio del Signore che è Presente ad assisterci e a guidarci (v. Lettere Quaresima ‘84, Not. 8, e Santo Natale ‘86, Not. 17 pag. 2).

Un aiuto nel proprio cammino di crescita sono le revisioni  periodiche.  Con  il padrino/madrina o un incaricato, nei tempi penitenziali ed eventualmente nei momenti di fatica e di prova (v. Statuto 2.2.1), ogni consacrato è chiamato a scegliere liberamente una di queste possibilità:

  1. Un incontro di preghiera: si prega per le rispettive famiglie e per la Comunità.
  2. Un incontro di preghiera e verifica degli impegni
  3. Un incontro di preghiera, verifica degli impegni comunitari e ulteriore approfondimento delle esigenze del proprio cammino spirituale (v. Direttorio 2.1).

Per noi, quindi, la Chiesa si fa presente in modo privilegiato nella nostra Comunità,  per cui tutto quello che è espressione della vita comunitaria (incontri, preghiere…) ha l’importanza stessa degli atti liturgici della Chiesa e per noi, nella misura in cui li abbiamo presi come impegni, lo stesso carattere di primarietà e di obbligatorietà.

 

Dal Magistero dei papi

  • Dalla catechesi di papa Benedetto XVI all’udienza generale del 7 febbraio 2007

AQUILA E PRISCILLA

… Quando da Efeso l’apostolo Paolo scrive la sua Prima Lettera ai Corinzi, insieme ai propri saluti manda esplicitamente anche quelli di «Aquila e Prisca, con la comunità che si raduna nella loro casa» (16,19). Veniamo così a sapere del ruolo importantissimo che questa coppia svolse nell’ambito della Chiesa primitiva: quello cioè di accogliere nella propria casa il gruppo dei cristiani locali, quando essi si radunavano per ascoltare la Parola di Dio  e  per  celebrare l’Eucaristia. È proprio quel tipo di adunanza che è detto in greco “ekklesìa” - la parola latina è “ecclesia”, quella italiana “chiesa” - che vuol dire convocazione, assemblea, adunanza.

Nella casa di Aquila e Priscilla, quindi, si riunisce la Chiesa, la convocazione di Cristo, che celebra qui i sacri Misteri. E così possiamo vedere la nascita proprio della realtà della Chiesa nelle case dei credenti. I cristiani, infatti, fin verso il secolo III non avevano propri luoghi di culto: tali furono, in un primo tempo, le sinagoghe ebraiche, fin quando l’originaria simbiosi tra Antico e Nuovo Testamento si è sciolta e la Chiesa delle Genti fu costretta a darsi una propria identità, sempre profondamente radicata nell’Antico Testamento. Poi, dopo questa “rottura”, si riuniscono nelle case i cristiani, che diventano così “Chiesa”. E infine, nel III secolo, nascono veri e propri edifici di culto cristiano. Ma qui, nella prima metà del I secolo e nel II secolo, le case dei cristiani diventano vera e propria “chiesa”. Come ho detto, si leggono insieme le Sacre Scritture e si celebra l’Eucaristia. Così avveniva, per esempio, a Corinto, dove Paolo menziona un certo «Gaio, che ospita me e tutta la comunità» (Rm 16,23), o a Laodicea, dove la comunità si radunava nella casa di una certa Ninfa (cfr. Col 4,15), o a Colossi, dove il raduno avveniva nella casa di un certo Archippo (cfr. Fm 2).

Tornati successivamente a Roma, Aquila e Priscilla continuarono a svolgere questa preziosissima funzione anche nella capitale dell’Impero. Infatti Paolo, scrivendo ai Romani, manda questo preciso saluto: «Salutate Prisca e Aquila, miei collaboratori in Cristo Gesù; per salvarmi la vita essi hanno rischiato la loro testa, e ad essi non io soltanto sono grato, ma tutte le Chiese dei Gentili; salutate anche la comunità che si riunisce nella loro casa» (Rm 16,3-5). …

Una cosa è certa: insieme alla gratitudine di quelle prime Chiese, di cui parla san Paolo, ci deve essere anche la nostra, poiché grazie alla fede e all’impegno apostolico di fedeli laici, di famiglie, di sposi come Priscilla e Aquila il cristianesimo è giunto alla nostra generazione. Poteva crescere non solo grazie agli Apostoli che lo annunciavano. Per radicarsi nella terra del popolo, per svilupparsi vivamente, era necessario l’impegno di queste famiglie, di questi sposi, di queste comunità cristiane, di fedeli laici che hanno offerto l’“humus” alla crescita della fede. E sempre, solo così cresce la Chiesa. In particolare, questa coppia dimostra quanto  sia importante l’azione degli sposi cristiani. Quando essi sono sorretti dalla fede e da una  forte  spiritualità,  diventa naturale un loro impegno coraggioso per la Chiesa e nella Chiesa. La quotidiana comunanza della loro vita si prolunga e in qualche modo si sublima nell’assunzione di una comune responsabilità a favore del Corpo mistico di Cristo, foss’anche di una piccola parte di esso. Così era nella prima generazione e così sarà spesso.

Un’ulteriore lezione non trascurabile possiamo trarre dal loro esempio: ogni casa può trasformarsi in una piccola chiesa. Non soltanto nel senso che in essa deve regnare il tipico amore cristiano fatto di altruismo e di reciproca cura, ma ancor più nel senso che tutta la vita familiare, in base alla fede, è chiamata a ruotare intorno all’unica signoria di Gesù Cristo. Non a caso nella Lettera agli Efesini Paolo paragona il rapporto matrimoniale alla comunione  sponsale  che intercorre tra Cristo e la Chiesa (cfr. Ef 5,25-33). Anzi, potremmo ritenere che l’Apostolo indirettamente moduli la vita della Chiesa intera su quella della famiglia. E la Chiesa, in realtà, è la famiglia di Dio. Onoriamo perciò Aquila e Priscilla come modelli di una vita coniugale responsabilmente impegnata a servizio di tutta la comunità cristiana. E troviamo in loro il modello della Chiesa, famiglia di Dio per tutti i tempi.