L’anno scorso (seconda assemblea, pag. 38) abbiamo meditato di questa scheda in particolare la Liturgia delle Ore, quest’anno riflettiamo in particolare sull’Eucaristia.

 

SCHEDA N. 20 – “LA CHIESA LUOGO DELLA SALVEZZA, LA LITURGIA, LA CENTRALITÀ DELL’EUCARISTIA, LA LITURGIA DELLE ORE”, 2^ parte


Dalla Sacra Scrittura

Gv 6,33: “«Il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo»”.


Dallo Statuto

La Comunità ed i suoi membri si riconoscono membra di Cristo nella Chiesa cattolica, al cui mistero vogliono fermamente e perfettamente aderire (1.4).

I consacrati promettono: … 3) di dare fedeltà alla Liturgia delle Ore con la recita di Lodi e Vespri (o altra ora del Breviario) in unione spirituale alla lode e all’offerta del Sacrificio Eucaristico (2.2.1).


Proposta di approfondimento

Nell’Eucaristia si realizza la comunione con il Signore e fra di noi. Particolarmente

l’Eucaristia domenicale è fonte e culmine del nostro cammino di fede, personale e comunitario.

In famiglia e nella Comunità, la Domenica, Giorno del Signore risorto, e le Feste del Signore sono i giorni in cui viviamo la “gioia della festa”. In qualche modo prolunghiamo l’Eucaristia, sia nel silenzio della preghiera personale, sia ritrovandoci più stretti in famiglia, sia nell’incontro con i fratelli. In famiglia può essere particolarmente messo in evidenza il momento di inizio ai Vespri del sabato, e il momento di chiusura, ai Vespri della Domenica, per ringraziare, per affidarsi e presentare al Signore il tempo che abbiamo davanti, l’opera delle nostre mani. Mentre a cominciare dai giorni precedenti si potrà aver dato un’attenzione particolare, anche coi bimbi, al Vangelo del “giorno del Signore”, la sera del “primo giorno della settimana” richiama l’apparizione di Gesù risorto nel Cenacolo: Gv 20,19-29. Egli rinnovi su di noi ogni domenica i suoi doni pasquali: la pace, la gioia, lo Spirito Santo, la remissione dei peccati, la fede in Lui “mio Signore e mio Dio”.


Dal Magistero dei papi

- Dalla catechesi del papa Benedetto XVI all’udienza generale del 26 settembre 2012

LA LITURGIA LUOGO PRIVILEGIATO DEL NOSTRO INCONTRO CON DIO

Cari fratelli e sorelle,

… Dopo una lunga serie di catechesi sulla preghiera nella Scrittura, possiamo domandarci: come posso io lasciarmi formare dallo Spirito Santo e così divenire  capace  di  entrare nell’atmosfera di Dio, di pregare con Dio? Qual è questa scuola nella quale Egli mi insegna a pregare, viene in aiuto alla mia fatica di rivolgermi in modo giusto a Dio? La prima scuola per la preghiera - lo abbiamo visto in queste settimane - è la Parola di Dio, la Sacra Scrittura. La Sacra Scrittura è un  permanente dialogo tra Dio e l’uomo,  un  dialogo progressivo nel  quale Dio si mostra sempre più vicino, nel quale possiamo conoscere sempre meglio il suo volto, la sua voce, il suo essere; e l’uomo impara ad accettare di conoscere Dio, a parlare con Dio. …

C’è ancora un altro prezioso «spazio», un’altra preziosa «fonte» per crescere nella preghiera, una sorgente di acqua viva in strettissima relazione con la precedente. Mi riferisco alla liturgia, che è un ambito privilegiato nel quale Dio parla a ciascuno di noi, qui ed ora, e attende la nostra risposta.

Che cos’è la liturgia? Se apriamo il Catechismo della Chiesa Cattolica - sussidio sempre prezioso, direi indispensabile - possiamo leggere che originariamente la parola «liturgia» significa «servizio da parte del popolo e in favore del popolo» (n. 1069). Se la teologia cristiana prese questo vocabolo del mondo greco, lo fece ovviamente pensando al nuovo Popolo di Dio nato da Cristo che ha aperto le sue braccia sulla Croce  per  unire  gli uomini nella  pace dell’unico  Dio.  «Servizio in favore del popolo», un popolo che non esiste da sé, ma che si è formato grazie al Mistero Pasquale di Gesù Cristo. Di fatto, il Popolo di Dio non esiste per legami di sangue, di territorio, di nazione, ma nasce sempre dall’opera del Figlio di Dio e dalla comunione con il Padre che Egli ci ottiene.

Il Catechismo indica inoltre che «nella tradizione cristiana (la parola “liturgia”) vuole significare che il Popolo di Dio partecipa all’opera di Dio» (n. 1069), perché il popolo di Dio come tale esiste solo per opera di Dio.

Questo ce lo ha ricordato lo sviluppo stesso del Concilio Vaticano II, che iniziò i suoi lavori, cinquant’anni orsono, con la discussione dello schema sulla sacra liturgia, approvato poi solennemente il 4 dicembre del 1963, il primo testo approvato dal Concilio. Che il documento sulla liturgia fosse il primo risultato dell’assemblea conciliare forse fu ritenuto da alcuni un  caso. Tra tanti progetti, il testo sulla sacra liturgia sembrò essere quello meno controverso, e, proprio per questo, capace di costituire come una specie di esercizio per apprendere la metodologia del lavoro conciliare. Ma senza alcun dubbio, ciò che a prima vista può sembrare un caso, si è dimostrata la scelta più giusta, anche a partire dalla gerarchia dei  temi  e  dei  compiti  più importanti della Chiesa. Iniziando, infatti, con il tema della «liturgia» il Concilio mise in luce in modo molto chiaro il primato di Dio, la sua priorità assoluta. Prima di tutto Dio: proprio questo ci dice la scelta conciliare di partire dalla liturgia. Dove lo sguardo su Dio non è determinante, ogni altra cosa perde il suo orientamento. Il criterio fondamentale per la liturgia è il suo orientamento a Dio, per poter così partecipare alla sua stessa opera.

Però possiamo chiederci: qual è questa opera di Dio alla quale siamo chiamati a partecipare? La risposta che ci offre la Costituzione conciliare sulla sacra liturgia è apparentemente doppia. Al numero 5 ci indica, infatti, che l’opera di Dio sono le sue azioni storiche che ci portano la salvezza, culminate nella Morte e Risurrezione di Gesù Cristo; ma al numero 7 la stessa Costituzione definisce proprio la celebrazione della liturgia come «opera di Cristo». In realtà questi due significati sono inseparabilmente legati. Se ci chiediamo chi salva il mondo e l’uomo, l’unica risposta è: Gesù di Nazaret, Signore e Cristo, crocifisso e risorto. E dove si rende attuale per noi, per me oggi il Mistero della Morte e Risurrezione di Cristo, che porta la salvezza? La risposta è: nell’azione di Cristo attraverso la Chiesa, nella liturgia, in particolare nel Sacramento dell’Eucaristia, che rende presente l’offerta sacrificale del Figlio di Dio, che ci ha redenti. … Così, il Mistero Pasquale della Morte e Risurrezione di Cristo è il centro della teologia liturgica del Concilio.

Facciamo un altro passo in avanti e chiediamoci: in che  modo  si  rende  possibile  questa attualizzazione del Mistero  Pasquale  di  Cristo?  Il  beato  (oggi  santo)  Papa  Giovanni  Paolo  II,  a  25 anni dalla Costituzione Sacrosanctum Concilium, scrisse: «Per attualizzare il suo Mistero Pasquale, Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, soprattutto nelle azioni liturgiche. La liturgia è, di conseguenza, il luogo privilegiato dell’incontro dei cristiani con Dio e con colui che Egli inviò, Gesù Cristo (cfr. Gv 17,3)» (Vicesimus quintus annus,  n.  7).  Sulla  stessa  linea,  leggiamo  nel  Catechismo  della  Chiesa  Cattolica così: «Ogni celebrazione sacramentale è un incontro dei figli di Dio con il loro Padre, in Cristo e nello Spirito Santo, e tale incontro si esprime come un dialogo, attraverso azioni e parole» (n. 1153). Pertanto la prima  esigenza  per  una  buona  celebrazione  liturgica  è  che  sia  preghiera,  colloquio  con   Dio, anzitutto ascolto e quindi risposta. San  Benedetto,  nella  sua  «Regola»,  parlando  della  preghiera  dei Salmi, indica ai monaci: «mens concordet voci, la mente concordi con la voce». Il Santo insegna che nella  preghiera   dei  Salmi  le  parole   devono  precedere  la  nostra  mente.  Abitualmente  non  avviene così,  prima  dobbiamo  pensare  e  poi  quanto  abbiamo  pensato  si  converte  in   parola.   Qui   invece, nella liturgia, è l'inverso, la parola precede. Dio  ci  ha  dato  la  parola  e  la  sacra  liturgia  ci  offre  le parole;  noi  dobbiamo  entrare  all'interno  delle  parole,  nel   loro   significato,   accoglierle   in   noi, metterci  noi  in  sintonia  con  queste  parole;  così  diventiamo  figli  di  Dio,  simili  a  Dio.  Come  ricorda la Sacrosanctum Concilium, per assicurare la piena efficacia  della  celebrazione  «è necessario che i fedeli si accostino alla sacra liturgia con retta disposizione di animo, pongano la propria anima in consonanza con la propria voce e collaborino con la divina grazia per non riceverla invano» (n. 11). Elemento fondamentale, primario, del dialogo con Dio  nella  liturgia,  è  la  concordanza  tra  ciò  che diciamo con le labbra e ciò che portiamo nel cuore. Entrando nelle parole  della  grande  storia  della preghiera  noi  stessi  siamo  conformati  allo  spirito  di  queste  parole  e  diventiamo  capaci   di   parlare con Dio.

In questa linea, vorrei solo accennare ad uno dei momenti che, durante la stessa liturgia, ci chiama e ci aiuta a trovare tale concordanza, questo conformarci a ciò che ascoltiamo, diciamo e facciamo nella celebrazione della liturgia. Mi riferisco all’invito che formula il Celebrante prima della Preghiera Eucaristica: «Sursum corda», innalziamo i nostri cuori al di fuori del groviglio delle nostre preoccupazioni, dei nostri desideri, delle nostre angustie, della nostra distrazione. Il nostro cuore, l’intimo di noi stessi, deve aprirsi docilmente alla Parola di Dio e raccogliersi nella preghiera della Chiesa, per ricevere il suo orientamento verso Dio dalle parole stesse che ascolta e dice. Lo sguardo del cuore deve dirigersi al Signore, che sta in mezzo a noi: è una disposizione fondamentale.

Quando viviamo la liturgia  con  questo  atteggiamento  di  fondo,  il  nostro  cuore  è  come  sottratto alla forza di  gravità,  che lo attrae verso il  basso,  e  si  leva  interiormente verso l’alto,  verso la  verità, verso l’amore, verso Dio. Come ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica: «La missione di Cristo e dello Spirito Santo che, nella Liturgia sacramentale della Chiesa, annunzia, attualizza e comunica il Mistero della salvezza, prosegue nel cuore che prega. I Padri della vita spirituale talvolta paragonano il cuore a un altare» (n. 2655): altare Dei est cor nostrum.

 

Cari amici, celebriamo e viviamo bene la liturgia solo se rimaniamo in atteggiamento orante, non se vogliamo “fare qualcosa”, farci vedere o agire, ma se orientiamo il nostro cuore a Dio e stiamo in atteggiamento di preghiera unendoci al Mistero di Cristo e al suo colloquio di Figlio con il Padre. Dio stesso ci insegna a pregare, afferma san Paolo (cfr. Rm 8,26). Egli stesso ci ha dato le parole adeguate per dirigerci a Lui, parole che incontriamo nel Salterio, nelle grandi orazioni della sacra liturgia e nella stessa Celebrazione eucaristica. Preghiamo il Signore di essere ogni giorno più consapevoli del fatto che la Liturgia è azione di Dio e dell’uomo; preghiera che sgorga dallo Spirito Santo e da noi, interamente rivolta al Padre, in unione con il Figlio di Dio fatto uomo (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2564). Grazie.

 

-  Dalla catechesi di papa Francesco all’udienza generale del 12 febbraio 2014

CHI VIVE L’EUCARISTIA AIUTA CHI HA BISOGNO

… Un ultimo indizio prezioso ci viene offerto dal rapporto tra la celebrazione eucaristica e la vita delle nostre comunità cristiane.

Bisogna sempre tenere presente che l’Eucaristia non è qualcosa che facciamo noi; non è una nostra commemorazione di quello che Gesù ha detto e fatto. No. È proprio un’azione di Cristo! È Cristo che lì agisce, che è sull’altare. È un dono di Cristo, il quale si rende presente e ci raccoglie attorno a sé, per nutrirci della sua Parola e della sua vita. Questo significa che la missione e l’identità stessa della Chiesa sgorgano da lì, dall’Eucaristia, e lì sempre prendono forma. Una celebrazione può risultare anche impeccabile dal punto di vista esteriore, bellissima, ma se non ci conduce all’incontro con Gesù Cristo, rischia di non portare alcun nutrimento al nostro cuore e alla nostra vita. Attraverso l’Eucaristia, invece, Cristo vuole entrare nella nostra esistenza e permearla della sua grazia, così che in ogni comunità cristiana ci sia coerenza tra liturgia e vita.

Il cuore si riempie di fiducia e di speranza pensando alle parole di Gesù riportate nel Vangelo:

«Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv 6,54). Viviamo l’Eucaristia con spirito di fede, di preghiera, di perdono, di penitenza, di gioia comunitaria, di preoccupazione per i bisognosi e per i bisogni di tanti fratelli e sorelle,  nella certezza che il Signore compirà quello che ci ha promesso: la vita eterna. Così sia!