SCHEDA N. 1- “LA CHIAMATA UNIVERSALE ALLA SANTITÀ” – 2^ parte


Dalla Sacra Scrittura

1Tess 4,1-8: “… Come avete imparato da noi il modo di comportarvi e di piacere a Dio…, possiate progredire ancora di più. … Dio non ci ha chiamati all’impurità, ma alla santificazione”.


Dallo Statuto

I membri della Comunità… sono toccati da una comune grazia e vocazione che li sollecita a cercare Dio solo, nella sequela di Cristo… (1.1).

 


Proposta di approfondimento

Purifichiamo il cuore per metterci al servizio del Signore.

 

- Dal Catechismo degli adulti (937-948)

CAMMINO DI PREGHIERA, DI PURIFICAZIONE, DI ESERCIZIO DELLE VIRTÙ

Ogni cristiano ha un suo proprio cammino spirituale, ma alcune linee generali  sono comuni a tutti. Secondo il concilio Vaticano II, la via che conduce alla perfezione della carità, cioè alla santità, comprende esperienze di preghiera, di purificazione e dominio di sé, di esercizio delle virtù e servizio del prossimo.

NECESSITÀ DELLA PREGHIERA

La preghiera ha una incidenza senza pari nello sviluppo della vita cristiana.

«Senza la luce di Dio nessun uomo si salva. Essa fa muovere all’uomo i primi passi; essa lo conduce al vertice della perfezione. Perciò se vuoi cominciare a possedere questa luce di Dio, prega; se sei già impegnato alla salita della perfezione e vuoi che questa luce in te aumenti, prega; se sei giunto al vertice della perfezione e vuoi ancora luce per poterti in essa mantenere, prega; se vuoi la fede, prega; se vuoi la speranza, prega; se vuoi la carità, prega; se vuoi la povertà, prega; se vuoi l’obbedienza, la castità, l’umiltà, la mansuetudine, la fortezza, prega. Qualunque virtù desideri, prega» (Beata Angela da Foligno).

La preghiera è necessaria per salvarsi; a maggior ragione lo è per giungere alla perfezione. È il primo mezzo, efficacissimo e accessibile a tutti. Ci ottiene la grazia di Dio e ci dispone ad accoglierla. Alimenta in noi una mentalità di fede e ci aiuta a discernere la volontà di Dio. A lungo andare trasforma la nostra personalità e innalza la stessa vita ordinaria a dialogo con  Dio, facendone una risposta consapevole di amore. Occorre organizzare il proprio tempo con un programma che preveda momenti di preghiera nel giorno, nella settimana, nel mese e nell’anno, tenendo conto degli impegni familiari, professionali e sociali. …

DISCIPLINA INTERIORE

Dalla preghiera riceve energia l’impegno  assiduo  di  purificazione, dimensione essenziale del cammino spirituale. Nel nostro cuore si scontrano il desiderio del bene e le inclinazioni disordinate, lo Spirito di Dio e l’egoismo: «La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste» (Gal 5,17). Anche dopo la remissione dei peccati rimangono l’oscurità dell’intelligenza, la debolezza della volontà, le inclinazioni ribelli alla ragione. Occorre un lungo e faticoso esercizio per acquistare equilibrio interiore e autentica libertà. In un certo senso, liberi non si nasce, si diventa.

La purificazione della mente consiste nel coltivare una conoscenza oggettiva  e  una riflessione rigorosa, nel  maturare salde convinzioni e idee guida capaci di risvegliare l’amore a Dio, nel rafforzare la volontà compiendo il bene anche con sacrificio.

Lucida consapevolezza e ferma volontà sono necessarie per controllare l’affettività e orientarla al bene. I sentimenti sono risonanze attive della coscienza ai rapporti vitali con se stessi, con gli altri, con la natura e con Dio. Si riducono in definitiva a una reazione positiva di simpatia nella triplice modalità dell’amore, del desiderio e della gioia, e a una reazione negativa di avversione nelle modalità dell’odio, del timore e della tristezza o della collera. Sono energie immense, non da soffocare, ma da finalizzare secondo la retta ragione, assumendole nelle varie virtù, in modo da poter compiere il bene spontaneamente. Così disciplinati, i sentimenti ci rendono agevoli le corrette relazioni interpersonali, ci consentono di valutare e decidere con saggezza, di rimanere sereni nelle contrarietà. A proposito di contrarietà, il cristiano è chiamato a spingersi molto lontano: accettare le sofferenze che capitano, anche quelle ingiuste; non tanto umiliarsi, quanto lasciarsi umiliare; guarire dai vari rancori e riconciliarsi con tutti e con tutto.

La disciplina dei sentimenti si integra con la disciplina del  corpo.  In  concreto, quest’ultima comprende i seguenti elementi: sobrietà nel cibo, nell’abbigliamento, nelle comodità, nei consumi superficiali e banali; controllo degli sguardi e delle conversazioni; rinuncia agli interessi inutili e pericolosi; dominio dell’istinto sessuale.

ESERCIZIO DELLE VIRTÙ

Questo lavoro complesso e paziente di purificazione va verso una progressiva unificazione e dilatazione interiore. Non si tratta di fare il vuoto o di annullare se stessi, alla maniera delle tradizioni ascetiche orientali, ma di acquistare il dominio di sé, per essere veramente liberi di donarsi a Dio e ai fratelli, per conformarsi sempre più a Cristo crocifisso e risorto.

La carità non ci rende indifferenti, ma capaci di amare tutti appassionatamente in Dio; non ci sottrae alla storia, ma ci immerge in essa. Per questo insieme alla preghiera e alla disciplina ascetica, dobbiamo coltivare un atteggiamento di accoglienza e di dedizione verso il prossimo. Di qui la necessità di gesti frequenti e generosi di premurosa attenzione, di servizio, di condivisione e di perdono. La crescita della carità è dono dello Spirito Santo; ma noi dobbiamo disporci ad essa con atti fervorosi di amore e con l’esercizio sempre più esigente delle virtù umane, che danno consistenza e corpo alla carità. La santità cristiana si incarna nella concretezza della vita quotidiana. Porta a far bene tutto quello che si fa, a concentrarsi sul momento presente, a non fare l’abitudine alle cose ordinarie. Una grande santità può maturare attraverso le piccole cose di ogni giorno.


Dal Magistero dei papi

- Da Benedetto XVI, udienza generale del 13 aprile 2011

LA SANTITÀ

Cari fratelli e sorelle,

nelle udienze generali di questi ultimi due anni ci hanno accompagnato le figure di tanti Santi e Sante: abbiamo imparato a conoscerli più da vicino e a capire che tutta la storia della Chiesa è segnata da questi uomini e donne che con la loro fede, con la loro carità, con la loro vita sono stati dei fari per tante generazioni, e lo sono anche per noi.  I  Santi  manifestano  in  diversi  modi  la presenza potente e  trasformante  del  Risorto;  hanno  lasciato  che  Cristo  afferrasse  così  pienamente la loro vita da poter  affermare con  san  Paolo “non vivo più io, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20). Seguire il loro esempio, ricorrere alla loro intercessione, entrare in comunione con loro, “ci unisce a Cristo, dal quale, come dalla Fonte e dal Capo, promana tutta la grazia e tutta la vita del Popolo di Dio” (Conc. Ec. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium  50). Al  termine di  questo ciclo di catechesi, vorrei allora offrire qualche pensiero su che cosa sia la santità.

Che cosa vuol dire essere santi? Chi è chiamato ad essere santo? Spesso si è portati ancora a pensare che la santità sia una meta riservata a pochi eletti. San Paolo, invece, parla del grande disegno di Dio e afferma: “In lui – Cristo –  (Dio)  ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità” (Ef  1,4). E parla di  noi tutti. Al centro del disegno divino c’è Cristo, nel quale Dio mostra il suo Volto: il Mistero  nascosto nei secoli si è rivelato in pienezza nel Verbo fatto carne. E Paolo poi dice: “È piaciuto infatti a Dio che abiti in Lui tutta la pienezza” (Col 1,19). In Cristo il Dio vivente si è fatto vicino, visibile, ascoltabile, toccabile affinché ognuno possa attingere dalla sua pienezza di grazia e di verità (cfr. Gv 1,14-16). Perciò, tutta l’esistenza cristiana conosce un’unica suprema legge, quella che san  Paolo  esprime  in  una formula che ricorre in tutti i suoi scritti: in Cristo Gesù. La santità, la pienezza della vita cristiana non consiste nel compiere imprese straordinarie, ma nell’unirsi a Cristo, nel vivere i suoi misteri, nel fare nostri i suoi atteggiamenti, i suoi pensieri, i suoi comportamenti. La misura della santità è data dalla statura che Cristo raggiunge in noi, da  quanto,  con  la  forza  dello  Spirito  Santo, modelliamo tutta la nostra vita sulla sua. È l’essere conformi  a  Gesù,  come  afferma  san  Paolo: “Quelli che egli da sempre ha conosciuto, li ha predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo” (Rm 8,29).  E sant’Agostino  esclama: “Viva sarà la mia vita tutta piena di Te” (Confessioni,  10,28). Il Concilio Vaticano II, nella Costituzione  sulla  Chiesa,  parla  con  chiarezza  della  chiamata universale alla santità, affermando che nessuno ne è escluso: “Nei vari generi di vita e nelle varie professioni un’unica santità è praticata da tutti coloro che sono mossi dallo Spirito di Dio e… seguono Cristo povero, umile e carico della croce, per meritare di essere partecipi della sua gloria” (n. 41).

Ma  rimane  la  questione:  come   possiamo   percorrere   la   strada   della   santità,   rispondere   a questa chiamata? Posso farlo con le mie forze? La risposta è chiara: una vita santa non è frutto principalmente  del  nostro  sforzo,  delle  nostre  azioni,  perché  è  Dio,  il  tre  volte  Santo  (cfr.  Is  6,3), che ci  rende  santi,  è  l’azione  dello  Spirito  Santo  che  ci  anima  dal  di  dentro,  è  la  vita  stessa  di Cristo Risorto che ci è comunicata e  che  ci  trasforma.  Per  dirlo  ancora  una  volta  con  il  Concilio Vaticano II: “I seguaci di Cristo, chiamati da Dio non secondo le loro opere, ma secondo il disegno della sua grazia e giustificati in Gesù Signore, nel battesimo della fede sono stati fatti veramente figli di Dio e compartecipi della natura divina, e perciò realmente santi. Essi quindi devono, con l’aiuto di Dio, mantenere nella loro vita e perfezionare la santità che hanno ricevuta” (ibid., 40). La santità ha dunque la sua radice  ultima  nella  grazia  battesimale,  nell’essere  innestati  nel  Mistero  pasquale  di Cristo, con cui  ci  viene  comunicato  il  suo  Spirito,  la  sua  vita  di  Risorto.  San  Paolo  sottolinea  in modo molto forte la trasformazione  che  opera  nell’uomo  la  grazia  battesimale  e  arriva  a  coniare una terminologia nuova, forgiata con la preposizione “con”: con-morti, con-sepolti, con-risucitati, con-vivificati  con  Cristo;  il  nostro  destino  è  legato  indissolubilmente  al  suo.  “Per  mezzo   del battesimo - scrive -  siamo  stati sepolti  insieme  con lui  nella morte  affinché,  come  Cristo fu risuscitato dai morti…  così  anche  noi  possiamo  camminare  in  una  vita  nuova”  (Rm  6,4).  Ma  Dio  rispetta sempre la nostra  libertà  e  chiede  che  accettiamo  questo  dono  e  viviamo  le  esigenze  che  esso comporta,  chiede  che  ci  lasciamo  trasformare  dall’azione   dello   Spirito   Santo,   conformando   la nostra volontà alla volontà di Dio.

Come può avvenire che il nostro modo di pensare e le nostre azioni diventino il pensare e l’agire con Cristo e di Cristo? Qual è l’anima della santità? Di nuovo il Concilio Vaticano II precisa;  ci dice  che  la  santità  cristiana  non   è   altro   che   la   carità   pienamente   vissuta.   “«Dio è amore; chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui» (1Gv 4,16). Ora, Dio ha largamente diffuso il suo amore nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci fu dato (cfr. Rm 5,5); perciò il dono primo e più necessario è la carità, con la quale amiamo Dio sopra ogni cosa e il prossimo per amore di Lui. Ma perché la carità, come un buon seme, cresca nell’anima e vi fruttifichi, ogni fedele deve ascoltare volentieri la parola di Dio e, con l’aiuto della grazia, compiere con le opere la sua volontà, partecipare frequentemente ai sacramenti, soprattutto all’Eucaristia e alla santa liturgia; applicarsi costantemente alla preghiera, all’abnegazione di se stesso, al servizio attivo dei fratelli e all’esercizio di ogni virtù. La carità infatti, vincolo della perfezione e compimento della legge (cfr. Col 3,14; Rm 13,10), dirige tutti i mezzi di santificazione, dà loro forma e li conduce al loro fine”.

Forse anche questo linguaggio del Concilio Vaticano II per noi è ancora un  po’ troppo solenne, forse dobbiamo dire le cose in modo ancora più semplice. Che cosa è essenziale? Essenziale è non lasciare mai una domenica senza un incontro con il Cristo Risorto nell’Eucaristia; questo non è un peso aggiunto, ma è luce per tutta  la  settimana.  Non  cominciare  e  non  finire  mai  un  giorno senza almeno un breve contatto con Dio. E,  nella strada della nostra vita, seguire gli “indicatori stradali” che Dio ci ha comunicato nel Decalogo letto con Cristo,  che  è  semplicemente l’esplicitazione di che cosa sia carità in determinate situazioni. Mi sembra che questa sia la vera semplicità e grandezza della vita di santità: l’incontro col Risorto la domenica; il contatto con Dio all’inizio e alla fine del giorno; seguire, nelle decisioni, gli “indicatori stradali” che Dio  ci  ha comunicato, che sono solo forme di carità. Perciò “il vero discepolo di Cristo si caratterizza per la carità verso Dio e verso il prossimo” (Lumen gentium, 42). Questa è la vera semplicità, grandezza e profondità della vita cristiana, dell’essere santi.

Ecco  perché  sant’Agostino,  commentando  il  capitolo  quarto  della   Prima   Lettera   di   san Giovanni, può affermare una cosa coraggiosa: “Ama e fa’ ciò che vuoi”. E continua: “Sia che tu taccia, taci per amore; sia che tu parli, parla per amore; sia che tu corregga, correggi per amore; sia che perdoni, perdona per amore; vi sia in te la radice dell’amore, poiché da questa radice non può procedere se non il bene” (7,8: PL 35). Chi è guidato  dall’amore,  chi  vive la  carità pienamente  è guidato  da  Dio,  perché Dio è amore. Così vale questa parola grande: “Ama e fa’ ciò che vuoi”.

Forse potremmo chiederci: possiamo noi, con i nostri limiti, con la nostra debolezza, tendere così in alto? La Chiesa, durante l’Anno Liturgico, ci invita a fare memoria di una schiera di Santi, di coloro, cioè, che hanno vissuto pienamente la carità, hanno saputo amare e seguire Cristo nella loro vita quotidiana. Essi ci dicono che è possibile per tutti percorrere questa strada. In ogni epoca della storia della Chiesa, ad ogni latitudine della geografia del mondo, i Santi appartengono a tutte le età e ad ogni stato di vita, sono volti concreti di ogni popolo, lingua e nazione. E sono tipi molto diversi. In realtà devo dire che anche per la mia fede personale molti santi,  non  tutti, sono vere stelle nel firmamento della storia. E vorrei aggiungere che per me non solo alcuni grandi santi che amo e che conosco bene sono “indicatori di strada”, ma proprio anche i santi semplici, cioè le persone buone che vedo nella mia vita, che non saranno mai canonizzate. Sono persone normali, per così dire, senza eroismo visibile, ma nella loro bontà di ogni giorno vedo la verità della fede. Questa bontà, che hanno maturato nella fede della Chiesa, è per me la più sicura apologia del cristianesimo e il segno di dove sia la verità.

Nella comunione dei Santi, canonizzati e non canonizzati, che la Chiesa vive grazie a Cristo in tutti i suoi membri, noi godiamo della loro presenza e della loro compagnia e coltiviamo la ferma speranza di poter imitare il loro cammino e condividere un giorno la stessa vita beata, la vita eterna.

Cari amici, come è grande e bella, e anche semplice, la vocazione cristiana vista in questa luce! Tutti  siamo chiamati  alla santità: è la misura stessa della vita cristiana. Ancora una volta san Paolo lo esprime con grande intensità, quando scrive: “A ciascuno di noi è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. … Egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo” (Ef  4,7.11-13). Vorrei invitare tutti ad aprirsi all’azione dello Spirito Santo, che trasforma la nostra vita,  per  essere  anche noi  come tessere del grande mosaico di santità che Dio va creando nella storia, perché il volto di Cristo splenda nella pienezza del suo fulgore. Non abbiamo paura di tendere verso l’alto, verso le altezze di Dio;  non abbiamo paura che Dio ci chieda troppo, ma lasciamoci guidare in ogni azione quotidiana dalla sua Parola,

 

anche se ci sentiamo poveri, inadeguati, peccatori: sarà Lui a trasformarci secondo il suo amore. Grazie.